I tre atti sono stati dalla compagnia di Dante Testa, resi con una franchezza e una semplicità di interpretazione notevoli. Il Testa e la Gemelli si sono fatti spesso applaudire a scena aperta. L'autore è stato chiamato al proscenio una dozzina di volte.
(21 gennaio 1917).
«Piccolo harem» di Costa al Carignano. Ho sentito fare da un operaio la migliore critica di questo lavoro. Sentimento, passioni, ambiente arabo. Può tutto ciò essere rappresentato in teatro, cioè col dialogo, con parole che non raccontano e descrivono, analizzando, ma sono esse stesse quei sentimenti, quelle passioni, quell'ambiente, in una lingua diversa e tanto lontana da quella che può sola essere espressione sincera del mondo che si vuol rappresentare? In questa domanda, che il compagno elevava a criterio generale di giudizio, era contenuta la sua insoddisfazione per il dramma del Costa. Del quale egli comprendeva perfettamente le motivazioni, ammirava il lavoro accurato di esecuzione e la compenetrazione dei vari elementi drammatici, ma senza che per ciò gli sfuggisse lo squilibrio tra queste motivazioni, questi elementi che possono essere di tutti i luoghi e di tutti i tempi e la espressione particolare che dovrebbero avere quando sono posti in un determinato luogo che ha una determinata colorazione storica e folcloristica. E non gli sfuggiva che questa espressione particolare risente dello sforzo di una traduzione non ben riuscita, e risente di certe prolissità e lungaggini e ridondanze figurative che forse si avvertono solo per lo sforzo di contenere nella nostra lingua ciò che in questa altrimenti sarebbe espresso.
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