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      Piccolo harem non è un dramma complicato. Oghzala è un'araba algerina che, avendo conosciuto, anche superficialmente, la vita spirituale della famiglia europea, non riesce piú ad adattarsi all'idea musulmana di un uomo che ama nello stesso tempo piú donne, senza pertanto che alcuna di queste possa ritenersi diminuita nella stima di se stessa e esserne offesa nel piú profondo della propria dignità individuale. Questa ribellione all'harem però non diventa un superiore sentimento di piú spirituale umanità; è solo un fatto elementare, istintivo, che l'autore rappresenta in alcuni momenti piú salientemente rappresentativi, e che prepara una catastrofe violenta. Oghzala, l'araba cittadina, si disfà di Mabruka, l'araba dell'oasi, tendendole un tranello, facendola credere adultera con un trucco poco complicato: facendo bussare alla porta di Mabruka il proprio drudo, l'uomo che è servito a lei per avere il figlio che doveva servire a conservarle la predilezione del marito.
      Il dramma si sviluppa solo nel quarto atto; i primi tre sono preparatorii. L'autore si accorge della difficoltà di porre subito a contatto gli ascoltatori europei con un mondo esotico, e per tre atti si sforza di suggestionarli, di condurli a comprendere, a impadronirsi dell'animo dei suoi personaggi. E in questo lavorío usa molte parole, molta riflessione che tolgono efficacia al quadro e lo illanguidiscono, snaturando il carattere delle persone che si sdoppiano, facendo opera di cultura nello stesso tempo che devono agire.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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