La canzone della cuna, commedia sentimentale, secondo la definizione stessa dell'autore, in due atti, tenta la riproduzione scenica di un convento di monache spagnuole nel quale una decina di suore, che si sono rifugiate in quel monastero pei soliti motivi inconsolabili, sospirano nostalgicamente sul divino volere che le condanna a perenne sterilità. A chetare un tantino l'insistente ricordo dei fratellini dalle angiolesche manine di latte, pensa un giorno il caso, sotto forma di una prostituta, la quale depone nella «ruota» del convento, una piccina appena nata. Ne segue, naturalmente, grande confusione, ma la figlia del convento viene adottata e affidata alle cure particolari di suor Giovanna. Il primo atto termina mentre la vergine suora, esaltata di essere... madre, dimenticando di pregare colle compagne, guarda e bacia la piccola trovatella. Dal primo al secondo atto passano diciotto anni. La figlia del convento ha appunto diciotto anni e sta per sposarsi con un giovane, pien di vita, che subito dopo le nozze se la porterà lontano, oltre l'oceano, nel mondo nuovo. Le suore sono tristi, sconfortate. Suor Giovanna tace, ma ha il cuore oppresso da una grande pena. La madre adottiva e l'allegra trovatella si trovano un istante sole, in un ultimo colloquio, al quale assiste pure il fidanzato. La suora raccomanda allo sconosciuto che è al di là della grata, la figlia. La voce della povera donna trema, è angosciata.
– Siete triste, – chiede l'uomo che scoppia di felicità.
– Sí, molto, – risponde in un singhiozzo la suora.
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Giovanna Giovanna
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