Il miracolo fiorí: la sua pelle si corrugò rabbrividendo, e dalle sue labbra, spontanea, irresistibile sgorgò la frase: «Mi sento venir la pelle d'oca». Guignol sulla scena cerca di ricreare lo strano, miracoloso paese delle oche; il paese dell'orribile, del raccapricciante, che dovrebbe far sentire ai pellegrini che vi viaggiano dei fremiti, dei tuffi al cuore, degli scombussolamenti capillari ed epidermici come al tempo in cui i serpenti a sonagli al braccio dei megateri passeggiavano ingordi sotto gli alberi trasformati in grappoli umani dai primitivi aborigeni delle palafitte? Guignol ha fatto del teatro un gabinetto spiritico per imbestiare gli spiriti. Il terrore è un istinto animalesco, non è un atto dello spirito. Non fa lavorare il cervello, Guignol; cerca di scombussolare il sistema nervoso. Ma quale persona intelligente si lascia manipolare i nervi a questo modo? Guignol vuol far paura; ma le persone intelligenti non hanno paura degli occhiacci spiritati. La paura è certamente un fatto umano, con tutte le sfumature del terrore, dell'allucinazione folle, del delirio. Ma perché essa diventi elemento artistico, deve trovare una espressione linguistica che la trasformi in atto umano, in elemento drammatico graduato secondo l'importanza relativa che essa ha nella vita dell'uomo. Guignol invece ha fatto del terrore fisico tutto il dramma della vita dell'uomo; e pertanto ha ridotto l'uomo a pura fisica, a pura macchina materiale. L'origine marionettistica di Guignol ha avuto questo effetto: ha reso marionette anche gli uomini del teatro propriamente detto.
| |
Guignol Guignol
|