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      I proprietari invece fecero delle controproposte che miravano a far sorgere degli attriti fra capocomici e scritturati. Non vi riuscirono. Se il convegno è servito a qualcosa, è perché ha determinato un avvicinamento tra le tre categorie che sono direttamente danneggiate dal trust: gli autori, i capocomici e gli scritturati. I capocomici hanno concesso agli scritturati un nuovo contratto di locazione d'opera, contratto unico, paga annuale senza stagioni morte.
      Certo non basterà questo principio d'accordo per scompaginare il trust e ovviare alla sua azione, deleteria per l'arte, e strozzinesca in confronto di quelli che lavorano. Il trust ha possibilità di rivalsa, contro le quali solo lo Stato potrebbe intervenire. Esso può boicottare subdolamente gli artisti drammatici, e aprire i suoi locali solo al cinematografo, a Petrolini, a Cuttica, a Gabrielli. Il signor Giovanni Chiarella si è fieramente adirato quando noi abbiamo constatato i primi effetti dell'industrialismo monopolistico a Torino. Le stesse cose scrivono ora, dopo l'esperienza del convegno di Milano, anche altri giornali. E usano precisamente quel linguaggio, per il quale il Chiarella ha creduto che lo si tacciasse di volgare affarismo. Riportiamo un brano di uno di questi articoli, scritto in un giornale, che, caso bellissimo, mentre è protezionista per l'industria propriamente detta, è liberista e avversario dei monopoli per l'industria teatrale, l'unica che studi e svisceri con criteri non amministrativi:
      I proprietari di teatro sono riuniti in consorzio su basi commerciali e industriali: essi tutelano i propri interessi esclusivamente: dell'arte se ne infischiano.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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