Senza contare poi che esso grava sui capocomici in modo da rendere loro difficile la gestione della compagnia e da determinarli a rappresentazioni solleticanti i piú volgari gusti del pubblico, anche nei teatri frequentati da persone colte, intellettuali e pronte a qualsiasi visione di bellezza.
(17 luglio 1917).
Continuazione della vita. Entrare e uscire. Bisogna abolire le due parole. Non si entra, né si esce: si continua. Incomincio ad ammirare il genio industriale dei fratelli Chiarella. Incomincio a credere che i loro criteri siano gli unici criteri possibili a Torino. Torino ha il teatro che si merita: esso è lo specchio della sua anima, della sua vita.
Sichel, che si maschera da cretino, e ripete sempre lo stesso gesto, e ripete sempre la stessa frase idiota, e tuttavia fa sganasciare di giocondità, è la persona seria, è il pater conscriptus, è il commendatore Usseglio della vita torinese. Non basta il consiglio comunale: al Carignano hanno aperto la succursale. La finzione conquista la vita: non c'è piú finzione e vita, c'è solamente la gelatinosa realtà torinese, e tutto diventa bigio, tutto diventa piatto e volgare.
Cirano diventa il cav. Serafino Renzi. Hanno riaperto il teatro Balbo perché Cirano si ripresentasse in questa sua ultima truccatura. Il giocoliere si è vestito da Cirano, e sbava poesia e agita il pennacchio. È il Cirano da Porta Palazzo, è il Cirano che scrive sui giornali, che ogni giorno si arrovella il piccolo cervello da pulce castrata, e inventa nuove trame e scopre, smente, riconferma nuovi colloqui, e nomina nuovi generali ai 55 barabba, e gira su se stesso, orgoglioso e ammirato del suo roteare.
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