Le scempiaggini si rincorrono, si ammucchiano in immondezzai colossali, traboccanti goffamente. La gagliofferia ha il sopravvento assoluto sulla intelligenza, dilaga negli applausi, si approfondisce in risatine di compiacimento: continua a perseguitarci nei vapori putridi della sera, nelle nebbiosità dell'autunno che si avvicina.
(3 ottobre 1917).
«Cosí è (se vi pare)» di Pirandello. La verità in sé non esiste, la verità non è altro che l'impressione personalissima che ciascun uomo ritrae da un certo fatto. Questa affermazione può essere (anzi è certamente) una sciocchezza, un pseudogiudizio emesso da un facilone spiritoso, per ottenere con gli incompetenti un successo di superficiale ilarità. Ma ciò non importa. L'affermazione può dare luogo a un dramma lo stesso: non è detto che i drammi succedano per ragioni logicissime. Ma Luigi Pirandello non ha saputo trarre dramma da questa affermazione filosofica. Essa rimane esteriorità, essa rimane giudizio superficiale. Dei fatti si svolgono, delle scene si susseguono. Non hanno altra ragion d'essere che questa: la curiosità pettegola di un piccolo mondo provinciale. Ma neppure essa è una vera ragione, una ragione necessaria e sufficiente di dramma; e non è neppure motivo a rappresentazione viva e artistica di caratteri, di persone vive che abbiano un significato fantastico, se non logico. I tre atti di L. Pirandello sono un semplice fatto di letteratura, privo di ogni connessione drammatica, privo di ogni connessione filosofica: sono un puro e semplice aggregato meccanico di parole che non creano né una verità, né una immagine.
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