L'autore li ha chiamati parabola: l'espressione è esatta. La parabola è un qualcosa di misto tra la dimostrazione e la rappresentazione drammatica, tra la logica e la fantasia. Può essere mezzo efficace di persuasione nella vita pratica, è un mostro nel teatro, perché nel teatro non bastano gli accenni, perché nel teatro la dimostrazione è impersonata in uomini vivi, e gli accenni non bastano piú, e le sospensioni metaforiche devono scendere al concreto della vita, perché nel teatro non bastano le virtú dello stile per creare bellezza, ma è necessaria la complessa rievocazione di intuizioni interiori profonde di sentimento che conducano a uno scontro, a una lotta, che si snodino in una azione.
La dimostrazione è fallita nella parabola di Pirandello. La verità in sé non esiste, esiste l'interpretazione che di essa dànno gli uomini. L'interpretazione è vera, quando di un fatto rimangono tali documenti da permettere agli uomini di buona volontà la vera interpretazione. Del fatto che dà luogo alla parabola esistono solo due testimoni-documenti: e i due sono interessati al fatto, e non appaiono che esteriormente, nell'apparenza sensibile che si sviluppa da motivi che rimangono inesplorati. In un paese di provincia arrivano tre personaggi superstiti del terremoto della Marsica: marito, moglie e una vecchia. La loro vita è circondata di mistero. Il mistero solletica tutte le curiosità pettegole del paese: si ricerca, si indaga, si fa intervenire l'autorità. Nessun risultato. Il marito sostiene una cosa, la vecchia un'altra, uno lascia credere che l'altra sia pazza: chi ha ragione?
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Pirandello Marsica
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