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      La vita non deve piú avere un raggio di luce per loro. Questo destino non è segnato nelle leggi, non può comportare sanzioni per quelli che tentino eluderlo. È intrinseco, è una necessità interiore. Quando qualcuno di questi segnati starà per dimenticare, per rientrare nella vita, un fantasma si drizzerà loro di contro: il fantasma del passato sanguinoso, che reca l'impronta anche delle loro piccole mani. Sarà una generazione di puri apostoli del dovere, che si chiuderanno nel chiostro della loro coscienza, che saranno come un ordine laico di sacerdoti addetto al culto dei morti, le vestali che dovranno sempre mantenere accesa la lampada dell'ideale, alimentandola del loro sacrifizio, della loro rinunzia alla gioia e alla felicità.
      Questa l'atmosfera morale del dramma. Questo il fine che il Bataille propone come dovere imprescindibile alle «vergini guerriere», alle «seminatrici di coraggio», a tutta quella parte di umanità che si è assunta liberamente e spontaneamente il compito, gravido di responsabilità, di richiamare gli individui al sacrifizio, al senso del dovere. Non è un dopoguerra di riposo, di tranquillo riassestamento delle esigenze della vita. La vita non ricomincia domani per loro, come per i combattenti. Anzi la vita dei combattenti deve essere per loro la fine della vita, dell'attività, del fervore per il velo monacale, per il cilicio che strazia le carni.
      Il dramma vale come presentazione della tesi, come esemplificazione del dovere che dovrebbe germinare spontaneamente nelle coscienze.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





Bataille