Michele ritorna a casa con la sua figliolina. Mare Vittoria lo accoglie come tutte le madri immancabilmente accolgono i figli prodighi: il perdono sarebbe generale, se tra Michele e Nina non si frapponesse la bimba straniera. Un tentativo di conciliazione avviene per mezzo dell'infausto ventaglio, che Michele, per suggerimento di sua madre, offre alla selvatica moglie nel giorno onomastico. Scoppia l'uragano: Nina suppone intenzioni oltraggiose nel dono: Michele viene a conoscenza del peccato di pensiero di suo fratello. Un dramma sanguinoso sta per nascere.
Scioglimento: nell'istante in cui i due fratelli stanno per trovarsi di fronte, l'un contro l'altro armati, suona la belligera squilla. La classe di Michele viene richiamata alle armi. I cuori feroci si compongono in serenità. Guido andrà anch'egli in guerra, volontario. Michele ha la promessa tacita di un coniugale perdono al suo ritorno: Nina si ammansa fino ad accogliere in sua custodia l'innocente bambinetta. L'orizzonte si colora in lontananza del roseo matrimoniale: perché anche Guido ha scoperto la vera sua anima gemella.
Consolazione dei poveri ma onesti genitori che soddisfatti assistono a queste metamorfosi della loro amata prole.
E la commedia finisce coi soliti applausi a Mario Leoni che anche quest'anno ha sfornato l'ennesimo suo capolavoro.
(23 gennaio 1918).
«La canzone di Rolando» di Falconi e Zambaldi al Carignano. Il nucleo drammatico di questi tre atti dovrebbe consistere in un fatto sessuale. Dovrebbe, ma gli autori non si sono troppo preoccupati dell'unità, della consistenza del loro lavoro: volta a volta, essi si sono lasciati sopraffare dagli episodi, dal particolare scenico, e cosí il dramma si è venuto svolgendo senza nessuna armonia, senza che la molteplicità dei suoi momenti abbia una profonda ragione di esistenza.
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