Ma nei due altri atti, non è questo don Procopio che riappare: l'autore non perseguiva un fine artistico, non voleva suscitare comicità di caratteri umani. La commedia si sviluppa (!) e si conclude come una farsa, e in don Procopio è uno dei tanti miserabili affamati, azzeccagarbugli, ottimo cuore, bocca di spropositi banali, che appare. La commedia è via vai di scene, di dialoghi scuciti, che possono o non valere per sé, ma non concretano una unità poetica; trionfa la prolissità, la sconnessione del primo atto senza che abbia sviluppo il motivo organizzatore che in esso era contenuto.
I tre atti sono stati applauditi, specialmente per l'interpretazione vivace e colorita di A. Musco e della sua compagnia.
(20 marzo 1918).
«Jean La Fontaine» di Guitry al Carignano. A breve distanza di tempo sono state rappresentate a Torino due nuove commedie di Sacha Guitry L'illusionista e Jean La Fontaine: un insuccesso e un mezzo successo. Non è giustificata la diversa accoglienza fatta ai due lavori; non è giustificata almeno da un punto di vista critico. È sempre lo stesso Guitry, che si mantiene allo stesso livello, in queste due ultime commedie come nelle precedenti: La presa di Bergop-Zoom, o Facciamo un sogno. L'Illusionista anzi è piú completa delle altre, rivela meglio l'autore, perché nel titolo stesso è contenuto il programma artistico del Guitry.
Non teatro dei soliti, sebbene l'originalità sia puramente esteriore; non gli intrecci soliti; ma dialogo; puro dialogo, che deve suscitare ondate di simpatia negli spettatori, cosí come deve prima suscitarle in uno degli interlocutori.
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