L'azione non è urto di grandi passioni, elaborazione di forti personalità fantastiche che operano, suscitando contrasti drammatici o comici: è lieve, vellutata creazione di stati d'animo provvisori, che si esauriscono in breve tratto di tempo, finché dura l'illusione che la parola melliflua, che il discorso capzioso sono riusciti a destare. È sempre un illusionista che Sacha Guitry introduce nelle sue commedie, illusionista che incanta le femmine per una breve ora d'amore, che cerca spiritualizzare l'atto sessuale quando esso è piú meccanico e animalesco, nelle avventure da pochades, cosí come esso dovrebbe essere nelle manifestazioni normali della sessualità, nel matrimonio, nella convivenza che ha un fine superiore al piacere. Nell'Illusionista il giuoco scenico è piú raffinato e sottile: la commedia è caduta (almeno nella sua clamorosità) perché l'interpretazione buffonesca ha impedito fin dalla prima battuta che si iniziasse l'incantamento, la suggestione. Gli interpreti non hanno preso sul serio l'autore, e la tenuità comica è diventata grottesca buffoneria, cosí lontana dalle possibilità del dialogo, che questo si è appesantito immediatamente in un immenso tedio, in una sguaiatissima caricatura.
Jean la Fontaine ha avuto miglior fortuna. Esso è la descrizione del ciclo che deve subire il matrimonio perché diventi moralità. Il Guitry, nonostante le apparenze, è autore essenzialmente morale, perché lo sforzo massimo dei suoi lavori consiste nel far arrivare i protagonisti a un piano superiore di spiritualità in cui si giustifichino e si moralizzino gli istinti e i capricci.
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