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      E costui ritorna, dopo una sapiente preparazione, fatta da un vecchio mendicante, che rievoca il passato, che risveglia l'umanità di donna Filomena, sia pure facendola urlare di dolore e d'odio: ritorna cieco, umile, pentito, rinnovato, e donna Filomena, colpita nell'intimità piú profonda, perdona, si spoglia dei ricordi del passato, allontana da sé l'amante, e rientra nella normalità morale. Il piccolo dramma, interpretato con vigore dalla Melato, dal Betrone, dal Ninchi, e dal Berti, pur con qualche sforzo per la tinta dialettale voluta conservare al dialogo, ha ottenuto sei chiamate dal pubblico.
      (17 aprile 1918).
      «Marionette che passione!» di Rosso di San Secondo al Carignano. Avventure di sfaccendati, sceneggiate da un dilettante d'ingegno. L'ingegno permette a Rosso di San Secondo di portare sul teatro la formula famosa: per fare un cannone si prende un buco e lo si avvolge di bronzo: egli prende il vuoto, lo avvolge di parole, messe in ordine dialogico, divise in sezioni (scene e atti). Il vuoto è nei personaggi, nell'intrinseca sostanza dell'anima loro. Sono creature umane? Vivono? Ohibò, sono marionette, solo marionette, ma non in senso ironico: il burattinaio che li fa muovere non è la passione, è la vuotezza spirituale: non vivono; parlano, o meglio, l'autore parla, non i personaggi: essi sono terribilmente uguali, essi sono una tesi, la piú comune e volgare delle tesi: che gli uomini non siano altro che burattini.
      Tre sfaccendati si incontrano in un ufficio telegrafico: non hanno nome perché non sono individui, ma tipi.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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