E l'unità spirituale dell'individuo diventa unità spirituale della scena. Tutto vive: l'ambiente dev'essere cosí e non altrimenti, perché anche la esteriore parvenza delle cose si riflette sugli uomini e ne determina sfumature di atteggiamento che non bisogna trascurare.
La parola del Talli è suggestiva in modo irresistibile. In un romanzo di Rudyard Kipling c'è quest'episodio: un mago della volontà vuol provare l'intimo metallo dell'anima di un giovanetto e lo sottopone a un esperimento di illusione. Il giovanetto deve scagliare una brocca piena di acqua: la brocca va in frantumi innumerevoli, l'acqua si versa. Eppure, sotto l'influsso della volontà dominatrice, il giovanetto vede lentamente questi frantumi ritornare al loro posto, saldarsi fra loro: l'acqua versata sparisce e nella fantasia l'immagine della brocca rifiorisce dal nulla, nella sua interezza primitiva.
Cosí Talli sminuzza e ricrea i drammi per i suoi attori, li analizza e sembra distruggerli; ma nella sapiente analisi la sintesi è potenziale e si afferma nelle prime rappresentazioni, dinanzi al pubblico che applaude e non pensa neppure all'artefice maggiore, al maestro che ha raccolto in un fascio le singole energie e le ha rivelate a loro stesse.
(14 maggio 1918).
«S. E. di Falcomarzano» di Martoglio all'Alfieri. Tre atti ridanciani, onesti e lieti. Lisci come il pavimento cerato di un buon salotto borghese, in cui si lasciano le finestre sempre chiuse con gli scuri, perché la luce non rovini le cromolitografie delle pareti.
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