Si raccontano i casi piuttosto rocamboleschi del principe di Falcomarzano, deputato al parlamento, padre di due rampolli, dei quali la femmina non piú fanciullina, spiantato come uno zingaro errabondo, che aspira a diventare plenipotenziario in Cina, per potere, come Verre in Sicilia, riassestare i suoi negozi.
Il principe vive alla giornata elegantemente truffando i conoscenti, sempre superiore alle miserie della vita, al denaro, al vile borghese che il denaro sborsa. Prende quattromila lire da un imbecille che desidera una onorificenza, a titolo di oblazione per un istituto che ancora non è sorto. Appiccica per ventimila lire un ritratto a un altro imbecille che se ne servirà per provare i suoi diritti al titolo di conte, e cosí via: sempre però mantenendosi nella linea del suo titolo principesco, dell'avvenire politico che vuole conquistare.
Gli riesce di far sposare sua figlia da un ricco giovane borghese, salvando anche in questo caso le apparenze, poiché sua figlia viene rapita. E dopo difficile lotta riesce anche a diventare plenipotenziario a Pechino, sebbene suo figlio abbia sposato una borghesuccia, mettendo in pericolo il maturato disegno, per il quale l'ambasciata doveva essere il premio politico di un matrimonio tra il duchino e una marchesina alquanto calante per la cattiva fama dei genitori.
La trama è svolta piacevolmente, in un dialogo snello e fluido, senza ricercatezze e abuso di spirito verbale. Ruggero Ruggeri era il protagonista. La commedia fu applaudita calorosamente.
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