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      Tardi in treno, i tre nuovi atti di Silvio Zambaldi, presentati dalla compagnia Gandusio, non sono certo il brillante aspettato. Una, due, tre scatole: vuoto finale.
      Inizio: interessante come tutti gli inizi perché inizi. Due sposini perdono il treno del viaggio di nozze: la festa di imene sarà celebrata fra le pareti domestiche. Egli è molto stupido, ella è molto ingenua: i parenti sono ingombranti, le persone di servizio sono noiose: lo Zambaldi è infatti uno scrittore realista. Nel primo atto ci presenta: una cameriera pruriginosa che si lascia pizzicare dal collega e da un vecchio signore e quindi va a letto col collega; una vedovella che fa la schizzinosa con un avvocato ma poi consente di essere accompagnata a casa in vettura chiusa; una coppia di suoceri di buaggine infinita; uno zio che è stato tradito dalla moglie. Questa è la natura degli uomini e lo Zambaldi cosí rappresentandola è scrittore realista. Gli sposini si ubriacano (o natura, natura!); ella ingenua confessa un amoretto di bambina, egli si offende e dorme sul sofà. Nei due atti seguenti si assiste allo svolgersi di tutte le stupidaggini, le lungaggini, le chiacchierate, le rivelazioni che devono condurre alla pace generale e alla ricomposizione della famigliola scomposta al suo nascimento: si vede una suocera che imperversa, un suocero che è vittima di sua moglie, una cameriera che piange e si dispera per il fallo commesso, uno zio seduttore di cameriere che ammansa la suocera poiché le ricorda un episodio extramatrimoniale e altre simili originalissime novità servite in un dialogo insipido e lungo e pastaceo come il brodo di lasagne.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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