La commedia è stata tuttavia applaudita: il pubblico non è uscito dal marasma spirituale del sesso, e le commedie di questo genere, la cui statura non supera la sua statura media, lo soddisfano doppiamente: perché il sesso ci predomina e perché banalmente si sorride della vita sessuale: nella banalità pubblico e autore si compenetrano, identificandosi.
(15 dicembre 1918).
«Marito suo malgrado» di De Lorde e Marcèle all'Alfieri. I tre atti di A. De Lorde e Jean Marcèle, Marito suo malgrado sono stati tradotti da Amerigo Guasti, capocomico della compagnia Galli-Guasti-Bracci. È il Guasti che ha scelto, secondo le convenienze della sua compagnia, e ha tradotto secondo il suo cattivo gusto. Non si può giudicare chi sia l'«inventore» della filza di cose brutte che i due autori francesi hanno intitolato Marito suo malgrado. Amerigo Guasti è traduttore troppo «personale», perché sia lecito imputare gli autori francesi, senza visione diretta del documento originale. Si può affermare solo questo: poiché il Guasti, come «letterato», non brilla per troppa sensibilità al bello, la sua scelta non può essere che caduta su una cosa brutta: egli ha poi largamente abbondato nel trasformare in brutto italiano il brutto francese, insaccando nei tre atti tutto il repertorio delle «aggiunte» a braccio che normalmente inserisce nelle altre commedie che non ha tradotto.
L'intrigo dei tre atti è dei piú banali: un imbroglione, munito di carte false, giustificanti un titolo nobiliare, s'introduce in una onesta casa di ricchi borghesi per rubare una grossa dote.
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