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      Non è possibile che neanche un'ombra di rispetto si possa sentire per le fatiche di questo dozzinale acciabattone, che non rispetta nulla e nessuno, che mercanteggia la commozione istintiva per il dolore materno, imbrattandolo subito dopo con la piú goffa buffoneria, che impiastriccia le commedie con la stessa disinvoltura che serve allo straccivendolo per ficcare in un sacco sudicio tutti i rifiuti della vita. Col signor Mario Leoni non è possibile, e sarebbe indecoroso, anche accennare a uno spunto critico: non si può dialettizzare il tanfo.
      La reazione adeguata e omogenea alle fatiche del signor Mario Leoni può solo essere di natura fisica: una pena corporale come la suddescritta, integrata con qualche beffa del genere novelle cinquecentesche con protagonista il secco e triste pedagogo.
      (28 gennaio 1919).
      «Madonna Oretta» di Forzano all'Alfieri. Una burla, come in tutte le commedie cinquecentesche che siano «veramente» cinquecentesche, compone e scioglie l'intrigo dei tre atti cinquecenteschi della Madonna Oretta di Gioacchino Forzano. Madonna Oretta è una fiorentina, spirito bizzarro, scaltra e procace, che ricerca in diversi amatori quella razione di felicità, cui ha diritto la sua beltade e il suo vivace temperamento, e che suo marito, l'anzianotto e grossolano Luca, mercante dell'arte della seta, non può ministrarle. Ma Oretta non è poi cosí scaltra e spiritosa e cinquecentesca come il Forzano vorrebbe farci credere di averla fantasticata; la poverina credeva anch'essa di essere scappata fuori, come un fiore di vita, da una novella del Cinquecento, ma poi illanguidí, la meschina, e si fece romantica e sentimentale come una violetta del pensiero e della vita moderna rappresentata in una pochade parigina.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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