Sono doti che non potevano sfuggire al gran pubblico, anche se degli sforzi solitari e tenaci di qualche artista coscienziosa non si cura. Il valore persuasivo delle interpretazioni della Vergani ha finito per vincere.
Accanto a Ruggero Ruggeri essa non è affatto sacrificata, appunto perché ha raggiunto una maturità che le può permettere di trasfondere la sua personalità indipendentemente da qualsiasi contributo estraneo.
Ieri sera, per la sua serata d'onore, essa ottenne un vero trionfo. Dopo il terzo atto fu chiamata sei volte al proscenio. Il teatro Carignano era affollatissimo.
(22 febbraio 1919).
«U baruni di Carnalivari» di Campanozzi all'Alfieri. È un'efficace rappresentazione della «scemenza» meridionale (siciliana). La scemenza meridionale è una particolare scemenza, per due rispetti: genericamente e specificamente, è meridionale ed è di casta. Lo scemo meridionale è diverso dallo scemo toscano (Stenterello), è diverso dallo scemo lombardo (Marchese Colombi, per es.). Ma nella scemenza che è generica si distingue una scemenza specifica: quella del barone, del signorotto feudale che si maschera di decoro, che ha delle pretensioni; nel semplice «uomo», rozza umanità senza intelligenza che si colora per atteggiamenti particolari, essa è spettacolo pietoso; nel barone essa è possibilità infinita di comico. Il barone scemo vuole essere qualcosa, crede di essere un valore umano; egli è il suo titolo, è una tradizione di boria, altezzosa coi deboli e strisciante coi forti, è un rapporto tra un essere e un presumersi; tra l'essere abietti, incapaci, ottusi, analfabeti, pietosi, e il presumersi superiori a tutti gli uomini perché si è nobili e gli altri sono scarpari, falegnami, zappatori, «gente che deve lavorare per vivere». Lo «scemo» barone non è neppure piú un uomo: è una scimmia.
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