.. e Cavacchioli) risulta in gran parte da un piccolo errore: questi autori, nello studio della belletristica inglese, volendo arrivare a Bernard Shaw, si sono smarriti nel dedalo delle avventure di Sherlock Holmes. Lo stampo della loro fantasia è da ricercarsi nella vasta fronte di mister Conan Doyle, divenuto baronetto per meriti letterari; in ogni loro commedia l'intrigo è ordito per lumeggiare le sublimi facoltà di intuizione critica di un poliziotto dilettante dello spirito ovverosia della psiche umana: le avventure ideali si connettono per ragione filata, si sviluppano con ritmo sicuro, si intrecciano, si accavallano, si mescolano, unite sempre da una sottile bava di ragno, sulla quale un folletto danza gioiosamente, caprioleggiando, rischiando triplici e quadruplici salti mortali, per ricadere sempre in piedi, gentile, fresco, ilare, smorfieggiante a destra e a mancina per esporsi e proporsi all'ammirazione universale.
È una fantasia legnosamente arida, che scoppietta e frigge per una goccetta d'olio rovesciata dalla lucerna, alla quale si compulsarono gli articoli sulla filosofia delle dame. Una fantasia matematica, una fantasia di ingegneri che sanno il fatto loro, una fantasia da curiosi di sapere come la fantasia era fatta, i quali pertanto l'hanno recisa per notomizzarla e veder com'era fatta.
Divertono, pur annoiando un po' per la pedanteria, della quale sono figli non degeneri. Divertono e interessano, perché, insomma questi giovani adempiono pure a un compito: rendere intollerante la vecchia moda del teatro romantico da appendice, sfrenare una irrequietudine interiore e corrodere i sedimenti di sugna inacidita che facevano grossi i cuoricini piú microscopici.
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