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      È un pagliaccio; è un professionista del riso; ci sarà un contrasto, il dramma nascerà appunto da questo contrasto mostruoso. No, l'autore non pone il dramma in ciò; è un incidente questo contrasto, non è essenziale motivo, e forse non potrebbe esserlo perché la professione di pagliaccio a quanto si sappia non è inerente alla natura umana, non attributo necessario di una passione o di un essere. Flick si domanderà perché, a lui, innocente, sia toccata una tale sciagura, interrogherà la natura, interrogherà gli uomini, si rivolgerà alle stelle e alla luna, magari, per sapere la ragione, maledirà, imprecherà, diverrà patetico rimprovero dell'inconoscibile, del destino, di Dio, del caso perverso che lo ha cosí foggiato, che lo ha condannato a essere l'ombra della vita, senza amore, senza sorriso, senza contrasto tra la gioconda risata e la amara lacrima. Niente di tutto ciò, assolutamente nulla; Flick è un mero referto da gabinetto medico, Flick ha per anima una cipolla lacrimogena, non una sorgente di poesia e di dolore umano.
      I contrasti sono ottenuti con mezzi esterni; l'uomo che piange si incontra con l'uomo che ride, che ride senza motivo come egli piange senza motivo: due maschere s'incontrano presso uno specialista e si prendono sotto il braccio, iniziano una vita comune; si completano? nasce da questo contatto un principio di vita? Neppur questo. Una donna è coi due; essa è la consolatrice di Flick, a quanto Flick afferma; ma non è amata da Flick, non determina nel suo cuore un senso, un moto che possa svolgersi in una dialettica e condurre a una evasione dal cerchio chiuso della mera sensibilità animalesca del soffrire.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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