(29 marzo 1919).
«Fedeltà» di Calzini al Carignano. Abitava a Siviglia, nel tempo stesso quando Michele Cervantes scriveva il Don Chisciotte e il Geloso d'Estremadura, un artiere del marmo che aveva una moglie bellissima ma fantasiosa e bizzarra assai. Questo marito accoppiava al genio artistico una crudelissima volontà amatoria verso la moglie sua Soledad; il capriccio giunse in lui fino al punto che preparato avea una tagliola, nella cui morsa le trecce della donna assicurava, e solo cosí di lei era sicuro e poteva attendere ai perigliosi lavori di architetto e di capomastro. Ma la donna lo tradí ugualmente, pur dolorando nelle braccia dell'amante, per la tagliola che le irrigidiva la nuca e le spalle; lo tradí per smania di libertà, per provare a se stessa di essere creatura umana vivente e non vile schiava, non proprietà di un padrone; lo tradí col primo uomo che fu tanto ardito da tentare la sorte, in quella misteriosa casa di un sí crudele padrone, posta accanto alle carceri risonanti delle urla dei pazienti torturati, avvolta di sanguigni riflessi patibolari attraversati dalle piacevoli figure dei carnefici, dei manigoldi, dei confessori, delle confraternite e dei becchini. Ma il brutto giuoco dura poco: la fatalità si compie. Il marito precipita nel vuoto, poiché solo l'amore di Soledad lo teneva aggrappato alla vita e lo preservava dal capogiro, e muore. Soledad è libera, diventa fedele al morto; il tradire per lei era lotta per la libertà, per il possesso di se stessa; era un duello, e il duello si fa in due.
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