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      Nei primi due atti di questa commedia del Niccodemi si assiste ai vani tentativi che il filosofo Pippo fa per essere tradito da una giovine donna che vuole essere onesta finalmente, dopo essere stata l'amante di mezzo mondo; nel terzo atto il filosofo Pippo scopre, nello spazio di qualche ora, di essere stato lo zimbello di tutti, di essere stato tradito da tutto e da tutti e di non essere un filosofo, ma un poveruomo qualsiasi: si consola con una sua segretaria.
      Tutto ciò è presentato con molta disinvoltura, senza altra preoccupazione che non sia quella di far ridere fisiologicamente a molto buon mercato: ai tre atti manca ogni intenzione d'arte e ogni elaborazione, anche superficiale; sono un vero scoppiettio di parole infilzate con molta praticaccia del mestiere.
      (8 aprile 1919).
      «La fiaba dei tre maghi» di Antonelli al Carignano. Per Luigi Antonelli la sostanza di questi suoi tre atti è una «avventura fantastica». La definizione è molto pretenziosa, e implica un giudizio di perfezione: come si dovrebbe definire il Sogno di una notte di mezza estate dello Shakespeare?
      Nei tre atti c'è poca avventura e pochissima fantasia; abbonda invece la scaltrezza letteraria, abbonda lo spirito pratico che freddamente applica un metodo e riesce a sistemare un certo equilibrio che dà l'illusione dell'armonia.
      L'avventura è il dominio dell'imprevisto, della vita che fiorisce spontaneamente nuova e attuale dal suo morto passato; se la fantasia dell'artista vive questa attualità, sboccia la poesia, si realizza il capolavoro nell'armonia dei caratteri umani, delle azioni che da questi caratteri sono determinate e delle immagini che la espressione suscita.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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