(Ti farò orripilare, cara Tania, con questa mia lettera!). Uno dei maggiori «rimorsi» intellettuali della mia vita è il dolore profondo che ho procurato al mio buon professor Bartoli dell'Università di Torino il quale era persuaso essere io l'arcangelo destinato a profligare definitivamente i «neogrammatici», poiché egli, della stessa generazione e legato da milioni di fili accademici a questa geldra di infamissimi uomini, non voleva andare, nelle sue enunciazioni, oltre un certo limite fissato dalle convenienze e dalla deferenza ai vecchi monumenti funerari dell'erudizione. - 3° Uno studio sul teatro di Pirandello e sulla trasformazione del gusto teatrale italiano che il Pirandello ha rappresentato e ha contribuito a determinare. Sai che io, molto prima di Adriano Tilgher, ho scoperto e ho contribuito a popolarizzare il teatro di Pirandello? Ho scritto sul Pirandello, dal 1915 al 1920, tanto da mettere insieme un volumetto di 200 pagine e allora le mie affermazioni erano originali e senza esempio: il Pirandello era o sopportato amabilmente o apertamente deriso. - 4° Un saggio sui romanzi di appendice e il gusto popolare in letteratura. L'idea m'è venuta leggendo la notizia della morte di Serafino Renzi, capocomico di una compagnia di drammi da arena, riflesso teatrale dei romanzi d'appendice, e ricordando quanto io mi sia divertito le volte che sono andato ad ascoltarlo, perché la rappresentazione era doppia: l'ansia, le passioni scatenate, l'intervento del pubblico popolare non era certo la rappresentazione meno interessante.
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