Carissima, aspetto il nuovo colloquio, anche se non possiamo neanche stringerci la mano. A proposito, sai che per lungo tempo avevo pensato di darti qualche fiore cresciuto nella mia cella (vedi che romanticismo carcerario!)? Ma le piante sono ormai essicate e cosí non ho potuto mantenere nessuno dei 5 o 6 fiorellini che erano sbocciati, bruttini alquanto, a dire il vero.
Ti abbraccio, affettuosamenteAntonio
48.
12. IX. 1927
Carissimo Carlo,
ho ricevuto insieme la tua lettera del 30 agosto e l'assicurata del 2 settembre. Ti ringrazio di tutto cuore. Non so cosa ti ha scritto Mario; ho l'impressione che ti abbia troppo allarmato, mentre io pensavo che la sua visita avrebbe contribuito a rassicurare la mamma. Mi sono sbagliato. - La tua lettera del 30 agosto è poi addirittura drammatica. Ti voglio, d'ora innanzi, scrivere spesso, per cercare di convincerti che il tuo stato d'animo non è degno di un uomo (e tu non sei piú tanto giovane, ormai). È lo stato d'animo di chi è in preda al panico, di chi vede pericoli e minacce da tutte le parti, e perciò diventa impotente ad operare seriamente e a vincere le difficoltà reali, dopo averle bene determinate e circoscritte da quelle immaginarie che la sola fantasia ha creato. - E prima di tutto voglio dirti che tu e anche gli altri di casa non mi conoscete che ben poco e avete perciò una opinione completamente sbagliata sulla mia forza di resistenza. Mi pare che siano quasi 22 anni da che io ho lasciato la famiglia; da 14 anni poi sono venuto a casa solo due volte, nel 20 e nel 24. Ora in tutto questo tempo non ho mai fatto il signore; tutt'altro; ho spesso attraversato dei periodi cattivissimi e ho anche fatto la fame nel senso piú letterale della parola.
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Carlo Mario
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