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      Mi sono dimenticato, all'ultimo colloquio, di ringraziarti per il fazzolettino e di farti i dovuti complimenti. Le ochette mi paiono venute a maraviglia. Non ricordo se ti ho mai raccontato la storia dei fazzolettini ricamati da Genia; io mi divertivo un mondo a canzonarla, sostenendo che le rondini o gli altri ornamenti del ricamo erano sempre lucertole. E in verità tanto gli ornamenti che le cifre di quei fazzoletti avevano una spiccata tendenza ad assumere aspetti sauriani: Genia andava proprio in collera nel vedere misconosciuti i meriti dei suoi lavori donneschi. Devo riconoscere, in perfetta lealtà, che i tuoi lavori sono invece molto ben riusciti e rinnovo i complimenti.
      Vorrei scriverti a lungo sulla quistione dell'abito nuovo. Per me è una quistione completamente oziosa. Bisogna tener presente che il processo si terrà in un tempo relativamente prossimo e che dopo la condanna e l'invio a una casa di pena, l'amministrazione carceraria dà il vestito regolamentare da galeotto. È vero che il regolamento adopera a questo proposito una formula alquanto vaga; dice press'a poco cosí: «Al detenuto saranno rasi i capelli e gli sarà fatta indossare la casacca, se del caso». Parrebbe che ci possano essere delle eccezioni. Ma io non ho nessuna prevenzione specifica contro la casacca e non farò pratiche speciali per essere una «eccezione». A che pro' adunque farsi un vestito nuovo? Per il processo, poiché si potrebbe dire che l'attuale mia giacca è una esibizione «demagogica», metterò il vestito che ho al magazzino e che è in ordine abbastanza decente.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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