Voglimi bene lo stessoAntonio
Non ho ancora ricevuto la «Rassegna settimanale della Stampa Estera» dal 1° dell'anno. Ma vedrò di aspettare ancora un po'. Ti abbraccio.
121.
11 marzo 1929
Carissima Giulia,
ho ricevuto la tua lettera del 21 febbraio, alla quale non potrei rispondere in altro modo che facendoti una carezza. Però... dopo averti accarezzato, vorrei aggiungere qualche cosa. Ciò che mi scrivi, io già lo sapevo, perché lo immaginavo. Capisci? Il tuo «Giappone» io sapevo che esisteva alle tali e tali longitudini e latitudini, ecc. Ciò che mi sfugge, è come il «Giappone» si sviluppi, attraverso quali concrete forme di vita la sua esistenza si svolga. So troppo poco della tua vita e della vita dei bambini, e la mia fantasia, senza alimento, gioca nel vuoto. Forse è un'ossessione determinata dalla vita del carcere, ma, insomma, la sento e non voglio nascondertela. Dalla fotografia mi sembra che tu sia stata male; tu stessa hai accennato che devi fare delle cure e che l'astenerti da certi medicinali ti nuoce. Ma piú di queste cose fuggevoli e vaghe io non so, e ciò qualche volta mi ossessiona veramente. - Mi sono sempre dimenticato di scriverti che qualche mese fa è morto il maestro Domenico Alaleona, il tuo professore al conservatorio. È morto proprio male, nel peggiore momento della sua vita. Da un giornale letterario ho appreso questi particolari. Dopo la soppressione del «Mondo», di cui l'Alaleona era redattore, ordinario, egli passò, fresco, fresco, al «Lavoro d'Italia», recentemente soppresso anch'esso, e con altri ex redattori del «Mondo» divenne un pezzo grosso del Sindacato degli artisti e scrittori fascisti; prima che morisse scoppiò uno scandaletto, poiché venne pubblicato che il «Lavoro d'Italia» aveva pagato 150.000 lire un romanzaccio d'appendice, scritto in cooperativa da 10 di questi scrittori, in maggioranza democratici fino al novembre 1926 e divenuti fascisti dopo le leggi eccezionali.
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