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      Basta. Come ho detto, è questa l'ultima volta che parlerò di tale quistione: altrimenti si formerà un tale intrico di malintesi che ci vorrebbe un lunghissimo, circostanziato memoriale per dipanarlo: e io posso scrivere troppo poco. - Cara Tania, sta allegra e rimettiti bene in salute: questo è piú importante di tutto: e sta sempre persuasa che io non mi parto mai dalla mia serenità, anche se ho qualche piccolo scatto. Ti abbraccio teneramenteAntonio
     
      Spedisci a mia madre la sua parte di lettera. La reticella del filtro mi è stata buttata via a Milano: io facevo il caffè lo stesso; ci vuole un po' piú di tempo e di caffè.
     
      143.
     
      10 febbraio 1930
     
      Carissima Tania,
      ho ricevuto le tue cartoline del 6 e dell'8 febbraio, dopo un certo intervallo dalla tua lettera del 29 gennaio. Sono sempre in ansia perché non m'informi con precisione delle tue condizioni di salute; ogni volta scrivi «a presto» e intanto è passato un mese e mezzo da quando sei giunta e ti senti male. Io penso che il clima variabilissimo di Turi non si confaccia molto al tuo temperamento e non sia molto propizio per una cura. Mi pare che tu ricada troppo spesso in istati di abulia e di irresolutezza e poi cerchi di spiegare, sofisticamente, questa abulia con ragioni stiracchiate, con scoperte mirabolanti. Devi curarti bene, questo è fuori discussione, prima di ripartire, ma non devi adagiarti nello stato in cui ti trovi presentemente. È assurdo pensare che a Turi si stia bene; per un carcerato forse è giusto, ma non per chi può scegliere oltre il dilemma di essere arrostito o di essere scorticato.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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