Non aspettare perciò nulla; le tue virtú di rammendatrice non avranno un oggetto per manifestarsi, per questa volta almeno. Ho ricevuto anche le tue due lettere del 24 e del 31 maggio. Tu sbagli di molto se credi che io «debba compatirti perché ti sei decisa a non nascondermi nulla», o quando scrivi che «la tua sincerità ti costringe ad essere crudele nel non nascondermi la verità». Mi pare invece che tu sia stata molto piú crudele ad attendere tre anni per scrivermi certe notizie. Ma non ti rimprovero: ho rinunziato a capire qualche cosa, poiché mi sono convinto che, per una ragione o per l'altra, non riuscirò mai ad avere elementi sufficienti per capire qualche cosa. Le cartoline di tuo papà, che mi trascrivi, mi hanno appunto persuaso di ciò.
Carissima, voglio scriverti di una quistione che ti farà arrabbiare o ti farà ridere. Sfogliando il piccolo Larousse mi è ritornato alla memoria un problema abbastanza curioso. Da bambino io ero un infaticabile cacciatore di lucertole e di serpi, che davo da mangiare a un bellissimo falco che avevo addomesticato. Durante queste caccie nelle campagne del mio paese (Ghilarza), mi capitò tre o quattro volte di trovare un animale molto simile al serpe comune (biscia), solo che aveva quattro zampette, due vicino alla testa e due molto lontane dalle prime, vicino alla coda (se si può chiamare cosí): l'animale era lungo 60-70 centimetri, molto grosso in confronto della lunghezza, la sua grossezza corrisponde a quella di una biscia di 1 metro e 20 o un metro e 50. Le gambette non gli sono molto utili, perché scappava strisciando molto lentamente.
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Larousse Ghilarza
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