Ho spesso ricordato in questo tempo uno strano tipo che ho conosciuto in tempo di guerra, non privo di un certo talentaccio perché ha finito con l'inventare un cavallino meccanico che muoveva le gambe e camminava come un cavallo vivo: egli voleva seriamente che io mi sottoponessi in sua compagnia a questo esercizio destinato a renderci invulnerabili: spararsi addosso metodicamente, centimetro per centimetro di pelle, dei colpi di pistola, caricando la pistola gradatamente da dosi minime alle dosi normali. Io mi guardai bene dall'accettare e quindi non ho potuto fisicamente immunizzare la pelle; ma ho acquistato la persuasione in questi ultimi mesi di aver immunizzato la pelle, dirò cosí, morale, o sentimentale o psicologica; sono stato un po' ossessionato, è vero, ma poi sono caduto in uno stato di completa ottusità e insensibilità, che ancora dura un po'. Sono contento di aver ricevuto le tue quattro lettere e le fotografie, tuttavia esse mi hanno lasciato l'impressione che hai attraversato una crisi grave e che non l'hai superata ancora: anche la fotografia mi ha lasciato questa impressione. Tu hai ricordato la piccola fotografia in cui ti trovavo una espressione «guerresca», ebbene, questa mi richiama le fotografia con l'espressione «dolce e mite» con in piú qualcosa di nuovo, non so se doloroso o rassegnato. Questo mi impressiona. Forse, è vero, basterebbe poco per far cambiare tutto questo, ma questo «poco» è incredibilmente difficile e moltissimo: basterebbe una carezza sulla fronte.
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