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      Quando il 19 novembre 1926 mi fu comunicata l'ordinanza della polizia che mi assegnava 5 anni di deportazione in Colonia, il comandante del carcere mi comunicò che io ero stato assegnato alla Somalia; agli altri miei colleghi fu comunicata come destinazione la Cirenaica e l'Eritrea. Mi persuasi, conoscendo come si viaggia per i luoghi di pena, che forse non sarei neanche arrivato vivo (quasi due mesi di viaggio con le catene, col passaggio dell'Equatore) e che in ogni modo non avrei vissuto a lungo. Mi concessero di scrivere, ma per circa 12 ore fui in dubbio: non era meglio non scrivere a nessuno e sparire come un sasso nell'oceano? Poi mi decisi a scriverti, molto brevemente, e se ricordi in quelle poche parole, nonostante tutto, traspare un po' della mia convinzione d'allora. Scrissi a casa e una mia sorella, quando ero ad Ustica, perché il 26 a Napoli ci fu comunicato ufficialmente che non si andava piú in Africa, mi scrisse che la mia lettera le era sembrata un testamento. Ora rido di ciò, tuttavia è stata una svolta morale nella mia vita, perché mi ero abituato all'idea di dover fra breve morire. Dopo ciò cosa può piú colpirmi afondo? Ti abbraccio forte forte
      Antonio
     
      178.
     
      26 gennaio 1931
     
      Carissima Tania,
      avrei voluto scrivere a Giulia tutta questa lettera, ma ho ricevuto finalmente una lettera di Carlo, alla quale dovevo rispondere e inoltre non mi sento di scrivere a Giulia come vorrei perché ho molto mal di capo. La prossima lettera sarà dunque tutta per Giulia; ti prego perciò di non propormi, in questi quindici giorni, delle quistioni alle quali occorra rispondere subito.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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