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      Cosí almeno mi pare, ma posso anche sbagliarmi. In ogni modo voglio che tu mi senta vicino a te e ai nostri bambini nei giorni in cui si ricorda loro che sono cresciuti di un anno, che sono sempre meno bambini e sempre piú uomini. Ti abbraccio teneramenteAntonio
     
      203.
     
      3 agosto 1931
     
      Carissima Tatiana,
      a me pare che tu abbia drammatizzato la mia espressione sui «fili strappati» e perciò voglio precisare meglio il mio attuale stato d'animo. Io ho la impressione, che si va sempre piú radicando e acquistando la forza di una convinzione, che il «mondo» delle mie relazioni affettive si sia ormai abituato all'idea che io sono in carcere. Ciò non avviene senza reciproca; anch'io mi sono abituato all'idea che gli altri si sono abituati ecc. e ciò appunto costituisce il mio stato d'animo. Ti ho scritto che nel passato ciò mi è avvenuto qualche altra volta (sebbene non con riferimento a carcere, naturalmente) ed è vero. Ma nel passato queste «rotture di fili» quasi mi riempivano di orgoglio, tanto che non solo non cercavo di evitarle, ma le promuovevo volontariamente. In realtà allora si trattava di fatti progressivi necessari per la formazione della mia personalità e la conquista della mia indipendenza; ciò appunto non poteva avvenire senza rompere una certa quantità di fili, poiché si trattava di mutare completamente il terreno su cui sviluppare la mia vita ulteriore. Oggi non è cosí, oggi si tratta di cose piú vitali; non essendoci da parte mia mutamento di terreno culturale, si tratta di sentirmi isolato nello stesso terreno che di per se stesso dovrebbe suscitare legami affettivi.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





Tatiana