Mia madre non può scrivermi di sua mano e penso che ciò le dia un grande dispiacere. Una nipotina mi scrive che è disperata perché Carlo non scrive neanche a lei; bisognerebbe proprio fare una lavata di capo a Carlo e indurlo a mutare metodo. Ti abbraccio teneramente.
Antonio
206.
24 agosto 1931
Carissima mamma,
ho ricevuto le lettere di Mea, di Franco e di Teresina, con le informazioni sulla salute di tutti. Ma perché lasciarmi tanto tempo senza notizie? Anche con la febbre di malaria qualche riga si può scrivere e io mi accontenterò di qualche cartolina illustrata. Sto diventando vecchio anch'io, capisci? e quindi nervoso, piú irritabile e piú impaziente. Io faccio questo ragionamento: non si scrive a un carcerato o per indifferenza o per mancanza di immaginazione. Nel caso tuo e degli altri di casa non penso neanche si possa trattare di indifferenza. Penso piuttosto che si tratti di mancanza di immaginazione: non riuscite a rappresentarvi esattamente quale possa essere la vita del carcere e quale importanza essenziale abbia la corrispondenza, come riempia le giornate e dia ancora un certo sapore alla vita. Io non parlo mai dell'aspetto negativo della mia vita, prima di tutto perché non voglio essere compianto: ero un combattente che non ha avuto fortuna nella lotta immediata, e i combattenti non possono e non devono essere compianti, quando essi hanno lottato non perché costretti, ma perché cosí hanno essi stessi voluto consapevolmente. Ma ciò non vuol dire che l'aspetto negativo della mia vita carceraria non esista e non sia molto pesante e non possa almeno non essere aggravato dalle persone care.
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Carlo Carlo Mea Franco Teresina
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