L'autore del dramma lotta con gli attori e col direttore dello spettacolo attraverso le didascalie, che gli permettono di caratterizzare meglio i personaggi: l'autore vuole che la sua divisione sia rispettata e che l'interpretazione del dramma da parte degli attori e del direttore (che sono traduttori da un'arte in un'altra e insieme critici) sia aderente alla sua visione. Nel Don Giovanni di G. B. Shaw, l'autore dà in appendice anche un manualetto scritto da John Tanner, il protagonista, per precisare meglio la figura del protagonista e ottenere dall'attore piú fedeltà alla sua immagine. Opera di teatro senza didascalie è piú lirica che rappresentazione di persone vive in un urto drammatico; la didascalia ha in parte incorporato i vecchi monologhi ecc. Se nel teatro l'opera d'arte risulta dalla collaborazione dello scrittore e degli attori unificati esteticamente dal direttore dello spettacolo, la didascalia ha nel processo creativo un'importanza essenziale, in quanto limita l'arbitrio dell'attore e del direttore. Tutta la struttura della Divina Commedia ha questa altissima funzione e se è giusto per la distinzione, occorre essere molto cauti volta per volta. (Ho scritto di getto, avendo presso di me solo il Dantino hoepliano). Posseggo i saggi del De Sanctis e il Dante del Croce. Ho letto nel «Leonardo» del '28 una parte dello studio di Luigi Russo pubblicato nella rivista del Barbi e che accenna (nella parte letta) alla tesi di Croce. Possiedo il numero della «Critica» con la risposta del Croce.
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