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      237.
     
      4 gennaio 1932
     
      Carissima Tania,
      ho ricevuto la tua lettera del 31 dicembre. Non mi accenni al tuo proposito di venire a Turi; spero che, seguendo il mio consiglio, rimanderai a un'altra volta e sia riuscita a distogliere Carlo. Nel dubbio che tu possa metterti in viaggio e che questa lettera non ti trovi a Roma, ti scrivo poche righe per dirti qualche cosa sulla quistione posta da Piero.
      Credo che non si possa parlare di una trascrizione «scientifica» dei nomi russi in italiano. «Scientifico» in questo caso significherebbe una sola cosa: conformarsi alle regole, con le sue lettere e con tutti i segni diacritici connessi, stabilite dall'«Archivio Glottologico Italiano» per riprodurre i suoni delle diverse lingue e dialetti in modo uniforme non solo per gli scienziati italiani che per quelli degli altri paesi. Ma si tratta di un tale apparato, e cosí difficile per i profani, che una tale soluzione complicherebbe enormemente le cose. Si tratta dunque di trovare una trascrizione convenzionale che sia la piú comprensibile per il maggior numero di lettori. Nel passato il «Corriere della Sera» aveva un suo modo di trascrizione, che, data la diffusione del giornale, avrebbe potuto diventare popolare; ma oggi anche nel «Corriere» non c'è nessun metodo e quindi il riferimento non vale. Se l'iniziativa fosse una grande iniziativa e con caratteri di continuità, si potrebbe domandare all'editore di stabilire una regola di trascrizione e di «imporla». Altrimenti mi pare che il meglio sia adattarsi al modo di trascrizione della «Slavia» che ha il beneficio di essere il piú diffuso e conosciuto, anche se molto imperfetto (l'imperfezione maggiore è quella di adoperare lettere latine con altro suono da quello tradizionale). Se si volesse introdurre una nuova «convenzione» bisognerebbe tener conto della nota di Bruno Migliorini pubblicata nel numero speciale della «Cultura» dedicato a Dostoievski nel 1931. La difficoltà maggiore consiste nel fatto che l'alfabeto italiano è troppo povero di segni e che nell'ortografia italiana per lo stesso fenomeno si usano mezzi diversi.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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