Non è escluso anche che si tratti di varietà locali con nome intraducibile in altre lingue; perciò non scervellarti troppo coi dizionari e accontentati, quando la trovi, dell'indicazione generica di specie; l'importante è di non confondere gli ordini di grandezza, parlare, cioè, di uno scricciolo come se fosse un'aquila e viceversa. Sono ansioso di leggere la lettera di Delio: riuscirò a intavolare una corrispondenza seguita, a introdurmi tra gli interessi concreti e vivi della sua esistenza?
Ho letto con interesse il brano di Piero sulla nostra un po' sconnessa e poco amabile discussione sui cosí detti «Due Mondi» (mi fa ricordare l'Eroe dei Due Mondi e avvicinamenti simili del periodo romantico ottocentesco: anche la «Rivista dei Due Mondi» fu fondata nel 1830!). Poiché risulta che gli hai mostrato le mie lettere e quindi lo hai informato dei termini generali della nostra controversia, ti sarò grato se mi comunicherai la sua opinione in proposito. Non credo che egli sia d'accordo né coi vecchi rabbini né coi giovani sionisti, ma sembrerebbe che accetti l'esistenza, almeno in certi limiti, dei famosi «Due Mondi». Le sue osservazioni, quantunque obbiettivamente interessanti, non mi paiono esatte completamente. Non credo che sia giustificata l'illazione che ci sia «evidentemente» la tendenza a «fare di nuovo degli ebrei una comunità isolata»; questa tendenza pare sia piuttosto quella «soggettiva» dei vecchi rabbini e dei giovani sionisti. Obbiettivamente gli ebrei, in seguito al concordato, vengono a trovarsi nelle condizioni dei protestanti, ma esiste o esisterà una categoria sociale che si troverà in una condizione ben triste, a paragone degli ebrei e dei protestanti, e sarà (o è già) quella dei preti spretati e dei frati sfratati, i quali perciò saranno esclusi dagli impieghi statali, cioè saranno degradati come cittadini: che sia stato possibile istituire giuridicamente una tale categoria di paria civili, mi pare ben piú importante che non la situazione giuridica degli ebrei e dei protestanti, ai quali sono date delle prerogative giuridiche tutt'altro che degradanti, nello spirito della legge.
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