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      Era un uomo raro, ti assicuro, sebbene negli ultimi anni fosse molto cambiato e deperito incredibilmente. Quando lo conobbi, nel dopoguerra, era di forza erculea (era un sergente di artiglieria da montagna e portava a spalla dei pezzi di cannone di peso rilevante) e di un coraggio temerario sebbene senza rodomontate. E tuttavia era di una sensibilità sentimentale incredibile, che giungeva fino ad accenni melodrammatici, che però erano sinceri, non di posa. Sapeva a memoria una grande quantità di versi, ma tutti di quella letteratura romantica deteriore che piace tanto al popolo (sul tipo dei libretti d'opera, che sono scritti per lo piú in uno stile barocco curiosissimo e con sdolcinature patetiche disgustanti, ma che pure piacciono in modo sorprendente) e gli piaceva recitarli, sebbene diventasse rosso come un bambino sorpreso in fallo, ogni volta che io mi infilavo nel pubblico per ascoltarlo. Questo ricordo è il tratto piú vivo del suo carattere che mi ritorna insistente: quest'uomo gigantesco che declama con passione sincera dei versi di cattivo gusto ma che esprimono passioni elementari robuste e impetuose e che si interrompe e arrossisce quando è ascoltato da un «intellettuale» anche se amico.
      Ti abbraccio.
      Antonio
     
      258.
     
      11 aprile 1932
     
      Carissima Tania,
      questa settimana ho ricevuto solo una tua cartolina (del 6). Certo hai ricevuto anche la mia lettera di otto giorni fa e quindi hai visto che ho ricevuto a suo tempo i tuoi medicinali. Spero che terrai conto delle osservazioni che ho fatto.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





Tania