Carissima Tania, ti abbraccio teneramente.
Antonio
259.
11 aprile 1932
Cara Iulca,
voglio ancora aggiungere qualche osservazione alla mia precedente lettera, che forse ti è sembrata un po' sconnessa e non molto conclusiva. Immagino che ciò possa accadere, perché questa impressione le mie lettere fanno a me stesso appena le ho scritte. Devo scrivere a orario fisso, in un giorno determinato: l'ossessione di non fare a tempo a scrivere tutto ciò che vorrei, produce il risultato che finisco per scrivere ellitticamente, per accenni, innestando i pensieri che germinano al momento della scritturazione nell'abbozzo della lettera pensato prima di mettermi a scrivere, ottenendo cosí per risultato un pot-pourri, almeno a mia impressione. - Ciò che ti volevo scrivere è questo: - che le tue preoccupazioni mi sembrano ingiustificate per tutta una serie di aspetti della quistione che ti poni e che specialmente ingiustificata, perché male interpretata, è la mia testimonianza in proposito. Nel valutare te stessa e il tuo contributo alla vita, tu non tieni conto che a un certo punto hai dato alla tua personalità un indirizzo nuovo, abbandonando l'attività artistica per una attività piú immediatamente pratica. Inoltre mi pare che tu abbia sempre dato al concetto e al fatto dell'«utilità» e della «praticità» un contenuto troppo angusto e meschino (errore teorico che ho definito con l'espressione di «sordidamente ebraico»), ricavandone la conseguenza ossessionante di essere troppo poco «utile», di essere «incapace» ad essere «utile» come erroneamente pensi si dovrebbe essere.
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Tania Iulca
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