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      Ti abbraccio teneramenteAntonio
     
      263.
     
      2 maggio 1932
     
      Carissima Tania,
      ho ricevuto tre lettere, del 23, del 25 e del 27 aprile. Ho letto e riletto la lettera di tuo papà e le tue lunghe considerazioni, che in generale sono esatte, a mio parere. Certamente esistono altri elementi della quistione che a te necessariamente sfuggono e che forse sono quelli predominanti e decisivi nel determinare lo stato di confusione e di dolorosa impotenza in cui un po' tutti si dibattono. Ma la difficoltà maggiore consiste nel fatto che non si sa da che parte incominciare per reagire energicamente alla situazione e bonificarla. Tu parli di energia, ancora energia, sempre energia. Ma a Roma, pensandoci ora, anche applicando tutta la tua energia, cosa avresti potuto ottenere? Ti saresti urtata non in qualcosa di solido e ben piantato che si può rovesciare nettamente, ma in uno stato di cose, per dir cosí gelatinoso, che non resiste ma si riforma continuamente ed è invincibile. Una volta mi hai rimproverato di non avere a Roma posto a te la quistione e di non aver cercato, per cosí dire, di fare un'alleanza fra noi due per unire le forze. Forse hai avuto ragione e questo avrebbe dovuto essere il mio dovere. Ma allora a tante cose non davo la stessa importanza che dò ora e poi avveniva come a chi è in mezzo a un bosco, che appunto vede i singoli alberi e non vede l'insieme. Molte cose mi apparivano piuttosto come tratti pittoreschi, interessanti esteticamente, non come sintomi di uno stato malaticcio. Vedi che sono molto franco con te, e ti dò gli elementi per giudicarmi in modo anche severo.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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