Io sono completamente tagliato fuori da ogni attualità e attualità significa già quasi sei anni dacché sono in carcere. In questi ultimi anni (almeno quattro anni) non ho letto nessun libro di poesia italiano (e anche non italiano); gli ultimi libri che ho letto, piú di quattro anni fa, di carattere artistico, sono due romanzi: uno di Sibilla Aleramo, Amo, dunque sono!, e l'altro di Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo. Il mio bagaglio, come vedi, è molto leggero e magro. Sono, su per giú, nelle tue condizioni, se non peggiori. Le mie letture sono molto circoscritte e quasi sempre degli stessi libri. Leggo un certo numero di riviste e in esse sono contenute novelle e anche qualche romanzo; ma in Italia le riviste non seguono da vicino il movimento intellettuale del paese, non offrono per nulla un quadro o il quadro sempre in movimento della vita. Hanno quasi sempre un carattere piuttosto archeologico, e non solo per la letteratura. Articoli su Giacomo Puccini, su Enrico Panzacchi, sul Savonarola, sul Machiavelli, su Virgilio ecc. Del resto in alcune riviste leggo delle recriminazioni sul distacco dell'arte dalla vita, sulla letteratura che non rispecchia l'attualità della vita nazionale, sull'esaurirsi dei giovani in ricerche formali di stile, di metrica, di linguaggio, recriminazioni che possono avere un interesse in se stesse, ma dimostrano un certo deserto ambiente. Del resto, come anche ho scritto a Tania, appare dalla tua lettera e anche dalle precedenti che tu ti sei formata o hanno formato in te con informazioni inesatte, un concetto troppo idillico e di maniera della mia vita, che è vuota, terribilmente e squallidamente vuota di ogni contenuto interessante, di ogni stimolo cerebrale, di ogni soddisfazione che faccia la vita degna di essere vissuta.
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