Non ho risposto a Carlo per telegramma e non gli risponderò. Prego te di scrivergli, rimproverandolo; sono quasi convinto che egli abbia telegrafato anche alla mamma, dandole una forte scossa e una delusione troppo acerba. Io non ho nessuna voglia di scrivergli. Non che sia in collera con lui per il telegramma, ma perché non so da che parte prenderlo. Mi aveva fatto delle promesse, mi aveva assicurato di prendere con me un atteggiamento diverso da quello che aveva seguito fino all'ultimo colloquio, ma poi non ha mantenuto nulla, è ricaduto in uno strano modo di procedere che mi irrita in sommo grado. Credo che il suo telegramma sia appunto una manifestazione di questa sua bizzarra condotta a strappi e a sbalzi che è la meno indicata per i rapporti con un carcerato di poca salute che ha sempre i nervi scoperti a vivo e deve già lottare ogni momento per non lasciarsi schiacciare dalla realtà immediata perché possa avere riserve per i casi non necessari.
- Carissima, dopo il 2 non ho piú ricevuto tue notizie. Devi a quest'ora aver ricevuto la mia scorsa lettera in cui ti pregavo di mandarmi qualche soldo, perché alla fine del mese mi troverò con pochissime lire e ho sempre paura di dover comprare nuove medicine. Avevo dimenticato di scriverti che ti sarei grato se potessi mandarmi qualche paio di calze di lana e qualcuna di quelle sopracalze che una volta ti ho molto lodato per la loro robustezza. Le calze, ti prego, debbono essere molto resistenti anche se rozze e grossolane: devono proprio essere calze da contadino.
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Carlo
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