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      Antonio
     
      320.
     
      26 dicembre 1932
     
      Carissima Tania,
      ho ricevuto il pacco natalizio da Ghilarza e il tuo pacchetto con le calze di lana. Ho visto che nel pacco di mamma è intervenuta a tempo la tua iniziativa, perché esso era proprio confezionato di mio gusto. Ti prego di scrivere tu a Teresina, avvisando che il pacco è giunto a tempo, che tutto era in buonissimo stato e di mio massimo gradimento e che ringrazio di cuore; io scriverò la settimana ventura per conto mio. Ringrazio anche te del tuo ricordo e della tua cura. Le calze vanno bene perché sono di lana, ma perché un gusto cosí fantastico e... dispendioso? Carissima, non adirarti per la mia pedanteria, ma ti prego di essere piú pratica e terra terra. Capisco che «essere pratici» è un termine generico e vago; per una donna la praticità è diversa che per un uomo, in carcere è diversa che in libertà ecc, e in realtà ogni individuo ha la sua praticità, cioè rende le sue condizioni di vita piú conformi al piú facile svolgimento della sua attività principale e del fine che piú gli sta a cuore. Nel caso delle calze per un carcerato, però, esistono delle condizioni generali che ormai avresti dovuto apprendere; esse si rompono facilmente nel piede per la grossolanità delle scarpe, e perciò non devono essere lunghe al ginocchio, ma invece piuttosto basse alla caviglia, in modo da poterle buttar via, senza buttar via mezzo metro di gambale. Si possono avere dei gambali indipendenti dalle calze, non ti pare? Ogni tuo paio di calze corrisponde per materiale a tre paia utili.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





Tania Ghilarza Teresina