Aprí la porta e subito si sentí un mugolío bestiale; c'era dentro il suo figlio, un giovane di diciotto anni, di complessione molto robusta, che non poteva stare in piedi e perciò stava sempre seduto e saltellava sul sedere verso la porta, per quanto glielo consentiva una catena che lo stringeva alla cintola ed era assicurata a un anello infisso al muro. Era pieno di sozzura, solo gli occhi rosseggiavano come quelli di un animale notturno. La madre gli rovesciò in un truogolo di pietra il contenuto della sporta, del mangime misto di tutti gli avanzi di casa e riempí d'acqua un altro truogolo, poi chiuse e andammo via. Non dissi niente a mia madre di ciò che avevo visto, tanto ero rimasto impressionato e tanto ero persuaso che nessuno mi avrebbe creduto. Neanche quando sentii parlare ancora dei dolori di quella povera madre, intervenni per correggere l'impressione e parlare della disgrazia di quel povero relitto umano capitato con una madre simile. D'altronde, cosa poteva fare quella donna? - Come vedi, è possibile fare dei paragoni concreti e consolarsi alla maniera di Candido.
Non mi hai piú accennato al sonnifero che avevi promesso; io stesso mi dimenticai di ricordartelo all'ultimo colloquio. Scrivimene, perché almeno possa fare la domandina per acquistarlo.
Ti abbraccio affettuosamente.
Antonio
327.
30 gennaio 1933
Carissima Iulca,
ho ricevuto una tua lettera abbastanza lunga. Che Giuliano abbia proposto di mandarmi il suo primo dentino di latte perduto mi ha fatto molto piacere: mi pare che questo tratto mostri in modo concreto come egli senta un reale legame tra me e lui.
| |
Candido Iulca Giuliano
|