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      Perciò sono poco sicuro di me stesso e mi nascono dei dubbi, delle incertezze, degli svanimenti di memoria e di volontà. Ti scrivo questo per domandarti se non ritieni opportuno, per maggior sicurezza, di domandare il parere di un avvocato e di inviarmelo perché me ne possa servire nell'istanza di ricorso. Sai quanto mi dispiace di dare dei soldi agli avvocati e di farti spendere: devi anche tener conto che non tutti gli avvocati sono pratici di queste faccende. La cosa migliore sarebbe di poter parlare con qualche giudice di Corte d'Appello, dato che questa magistratura è spesso chiamata a risolvere tali quistioni: se attraverso i tuoi amici tu potessi avere la possibilità di una presentazione sarebbe cosa bellissima. Ti ho scritto già quale è il modo in cui secondo me bisogna porre la quistione e tu nel colloquio mi dicesti che la mia esposizione era chiarissima. In essa io però ragionavo partendo dal principio giuridico che si deve applicare la legge piú favorevole. Ora mi pare che il ricorso a questo principio giuridico sia cosa solo secondaria e subordinata. Il punto fondamentale mi pare che il calcolo delle pene (dopo sottratte quelle ammistiate) deve essere fatto secondo la legge in base alla quale è stata inflitta la condanna; il modo di calcolare le pene concorrenti è un elemento essenziale della legge e della sentenza, da cui non si può derogare. Il nuovo Codice non conosce il cumulo giuridico, ma solo la somma aritmetica delle pene concorrenti; l'applicazione di questo modo di calcolare potrebbe, in certi casi, avere la conseguenza che, dopo un'amnistia, la pena totale sarebbe aumentata invece che diminuita, cosa assurda evidentemente.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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