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      Dico questo per mostrarti come io sia calmo e tranquillo e come nel mio modo di pensare e nelle mie decisioni non abbiano influsso sentimenti inferiori come sarebbero il rancore, la collera, l'ira ecc. D'altronde non mi piace neppure essere ipocrita, cioè dire delle cose che non sento. Preferisco tacere e lasciar perdere. So anche che il carcere, per le condizioni di vita che crea, inasprisce e rende impazienti. È vero. Non ti ho finora scritto, che da qualche tempo le mie condizioni di salute sono scosse. Quasi un anno e mezzo fa (precisamente il 3 agosto 1931) ho avuto una crisi un po' forte, e dopo non sono riuscito piú a rimettermi in carreggiata. Mentre prima il tempo mi passava con una certa facilità, anzi mi pareva a me stesso che passasse senza che me ne accorgessi, da allora tutto è cambiato: sento le settimane le ore e i minuti e tutto mi grava e mi pesa come se qualcuno mi limasse i nervi. Questo lo scrivo per te, per spiegarti la mia vita. Sono come un meccanismo guasto: cause futili producono effetti sproporzionati, e magari cause che sembrerebbero gravi non producono nessun effetto. Sono diventato insensibile per tutta una serie di cause e invece mi pare di essere scorticato vivo per le piccole cose. Se dovessi dire quale sia l'ideale che vagheggio sarebbe questo: di non aver rapporti con nessuno, di essere dimenticato da tutti e dimenticare tutto e fare la vita di una bestia nel suo covile. Ma forse se cosí avvenisse non sarei neppure soddisfatto. - Cara Teresina, ti ringrazio delle cose gentili che mi scrivi nella tua lettera.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





Teresina