Del resto non pensare che io sia eccitato; quasi quasi desidererei di esserlo, perché ciò sarebbe una prova di un contrasto interno, di un dubbio, e quindi di un residuo di ottimismo ragionevole. Ho anche riletto la lettera di Giulia, ma ciò ha solo aumentato la mia amarezza. Ti prego di non volermi scrivere di questi argomenti. Lascia passare un po' di tempo e lasciami dimenticare. Sarà la cosa migliore. Neanche devi credere che sia troppo in collera con te; mi sono ormai abituato a pensare che di tutto ciò che mi succede devo ricercare la causa in me stesso e nella mia inettitudine [...] a vivere, come ho già scritto. Forse sono giunto troppo tardi a questa forma di saggezza. Ma meglio tardi che mai, non ti pare?
Antonio
348.
22 maggio 1933
Carissima Tania,
ho ricevuto due tue lettere e in quella del 17 la traduzione del bigliettino di Delio. L'originale e il disegnino non mi sono stati consegnati per ora. - Non so se sia il caso di mandare a Delio il libro della Beecher Stowe. Ne avrà sentito parlare genericamente come di un gran libro e non nego che alle vecchie generazioni tale possa ancora apparire, poiché il ricordo della lettura si mescola necessariamente al ricordo di un mondo di sentimenti che un tempo furono vivi e operanti, ma oggi mi pare siano ben morti perché diventati anacronistici. Io stesso non sono mai riuscito a gustare da ragazzo questo polpettone rugiadoso e di una sentimentalità da quacqueri della Capanna dello zio Tom; ho provato a leggerlo parecchie volte, ma sempre senza interesse vivo, e oggi non mi ricordo niente del suo intreccio, ricordo solo che mi annoiava mortalmente.
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