Adesso che sto meglio, quelli che stavano con me quando mi trovavo nel punto critico della malattia mi hanno detto che nei momenti di vaneggiamento c'era una certa lucidità nei miei sproloqui (che poi erano intramezzati di lunghe tirate in dialetto sardo). La lucidità consisteva in questo: che ero persuaso di morire e cercavo di dimostrare l'inutilità della religione e la sua inanità ed ero preoccupato che approfittando della mia debolezza il prete mi facesse fare o mi facesse delle cerimonie che mi ripugnavano e da cui non sapevo come difendermi. Pare che per una intera notte ho parlato dell'immortalità dell'anima in un senso realistico e storicistico, cioè come una necessaria sopravvivenza delle nostre azioni utili e necessarie e come un incorporarsi di esse, all'infuori della nostra volontà, al processo storico universale ecc. Ad ascoltarmi era un operaio di Grosseto che cascava dal sonno e che credo abbia creduto che io impazzissi, secondo l'opinione anche della guardia carceraria di servizio. Tuttavia ricordava i punti principali del mio sproloquio, punti che io ripetevo continuamente. Carissima, come vedi, il fatto stesso che ti ho scritto queste cose dimostrache un po' meglio mi sento. Forse non ti dispiacerà di mandarmi un po' di Quadro Nox che qui non si trova. Ti abbraccio teneramente.
Antonio
360.
[luglio 1933]
Carissima Iulca,
ho riletto piú volte la tua lettera. Mi pare che da molti anni non leggessi piú le tue lettere e che abbia ricominciato da questa. Ho molto studiato la fotografia di Iulik.
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Grosseto Quadro Nox Iulca Iulik
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