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      Ti abbraccio.
      tuoi papa
     
      388.
     
      [16 giugno 1936]
     
      Carissima Iulca,
      non ti ho scritto la volta scorsa, perché, come già ti ho accennato, lo scrivere mi è difficile sia a te che ai ragazzi. Devo fare un grandissimo sforzo e dopo scritto rimango per molto tempo scontento e disilluso. Una volta non era cosí, anche il ricordo di questo tempo passato, in cui sentivo tanto piacere nel corrispondere con voi, mi sconforta e mi amareggia. Ho atteso la fotografia di Delio insieme con quella di Giuliano: e anche la tua. I ragazzi, in questa loro età, mutano cosí rapidamente, che da una fotografia all'altra, sembrano altre persone: Giuliano mi pare cambiato completamente. E tu? Non so cosa pensare esattamente di ciò che scrivi. Capisco tutte le difficoltà che devi sormontare, prima per abituarti all'idea di venire e poi per deciderti praticamente all'ora x del giorno x a salire sul treno; eppure mi pare che ci sia qualcosa ancora che ti trattiene e che io non riesco ad afferrare. Leggo le tue lettere che mi paiono scritte da una persona forte e completamente padrona dei suoi mezzi: non devi abbandonarti all'inerzia e rimandare sempre. Ciò mi fa molto male, perché anch'io devo prendere delle decisioni e sono rimasto irresoluto nell'attesa di un tuo atteggiamento, positivo o negativo ma certo. Non voglio scriverti di me; penso di essere a mezz'aria e quindi ogni giudizio non può essere che falso. La mia vita non dipende da me; dipende dalle autorità di polizia in primo luogo e poi da tante altre circostanze.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





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