Talvolta li immagino come dei bambini, altre volte come dei grandi: d'altronde mi pare che i ragazzi amano e sono felici quando vengono considerati come degli «eguali». Perciò ho sempre pensato e te ne ho anche scritto, che contavo su una tua collaborazione, per «tradurre» non letteralmente, ma secondo la loro mentalità, i miei biglietti a loro, e per aiutarmi a comprendere loro intimamente. Sono anzi persuaso che senza questa tua collaborazione, una mia corrispondenza seguita con Delio e Giuliano sia impossibile o diventi un puzzle. - Scrivimi molto della tua salute e con franchezza. Ti abbraccio teneramenteAntonio
397.
[24 novembre 1936]
Carissima Iulca,
per farti ridere, vorrei proprio scrivere una lettera tutta professorale, piena di pedanterie da cima a fondo, ma non so se mi riescirà. Il piú delle volte sono pedante senza volerlo: mi sono fatto uno stile di circostanza, sotto la pressione degli avvenimenti, in questi dieci anni di molteplici censure. Ti voglio raccontare un «piccolo» episodio per farti ridere e per farti capire il mio stato d'animo. Una volta, quando Delio era piccolo, tu mi scrivesti una lettera molto graziosa, nella quale volevi mostrarmi come il piccolo si iniziava alla... geografia e all'orientamento: me lo descrivevi a letto, sdraiato da Nord a Sud, che parlava come in direzione della sua testa c'erano dei popoli che facevano trainare i loro carri dai cani, a sinistra c'era la Cina, a destra l'Austria, in direzione delle gambe la Crimea ecc. Per aver questa tua lettera ho dovuto discutere piú di un'ora col direttore del carcere che sospettava chissà quali messaggi convenzionali!
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