Conversazioni Critiche, Serie prima, pp. 150-52, recensione del libro di Ludovico Limentani, La previsione dei fatti sociali, Torino, Bocca, 1907; se i fatti sociali sono imprevedibili e lo stesso concetto di previsione è un puro suono, l'irrazionale non può non dominare e ogni organizzazione di uomini è antistoria, è un «pregiudizio»: non resta che risolvere volta per volta, e con criteri immediati, i singoli problemi pratici posti dallo svolgimento storico - cfr. articolo di Croce, Il partito come giudizio e come pregiudizio in Cultura e Vita morale - e l'opportunismo è la sola linea politica possibile). Può un mito però essere «non-costruttivo», può immaginarsi, nell'ordine di intuizioni del Sorel, che sia produttivo di effettualità uno strumento che lascia la volontà collettiva nella sua fase primitiva ed elementare del suo mero formarsi, per distinzione (per «scissione») sia pure con violenza, cioè distruggendo i rapporti morali e giuridici esistenti? Ma questa volontà collettiva, cosí formata elementarmente, non cesserà subito di esistere, sparpagliandosi in una infinità di volontà singole che per la fase positiva seguono direzioni diverse e contrastanti? Oltre alla quistione che non può esistere distruzione, negazione senza una implicita costruzione, affermazione, e non in senso «metafisico», ma praticamente, cioè politicamente, come programma di partito. In questo caso si vede che si suppone dietro la spontaneità un puro meccanicismo, dietro la libertà (arbitrio-slancio vitale) un massimo di determinismo, dietro l'idealismo un materialismo assoluto.
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